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Argomenti per il quinto anno:

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FEUERBACH E LA SINISTRA HEGELIANA

Alla sua morte (1831) HEGEL lascia una numerosa schiera di discepoli in cui si forma ben presto una scissione e la formazione di due correnti antagoniste, chiamate DESTRA (vecchi hegeliani) e SINISTRA (giovani hegeliani), con termini desunti dal Parlamento francese, adottati per la prima volta da Strauss nel 1837. La scissione è dovuta al diverso atteggiamento assunto dai discepoli di Hegel di fronte alla “religione” e di fronte allo “Stato”. Mentre la Destra (tra cui Gabler) sostiene che nessun altro sistema come quello di Hegel consente il più completo accordo tra filosofia e fede cristiana, la Sinistra, soprattutto con Strauss, prende posizione polemica rispetto ad ogni forma di Cristianesimo. Strauss, autore di una Vita di Gesù, presenta il Cristianesimo come una specie di “mito”, Feuerbach dà luogo al tentativo di ridurre la religione alle esigenze e ai bisogni umani. La Sinistra, insomma, tenta di dimostrare l’inconciliabilità della filosofia hegeliana con la religione cristiana. Per quanto riguarda l’aspetto politico la Destra (considerata la vera scuola hegeliana per la sua fedeltà ad Hegel) ritiene lo Stato prussiano come il punto d’arrivo della dialettica storica ed espressione della razionalità dello Spirito; la Sinistra sostiene che la teoria della dialettica implica l’impossibilità di arrestarsi ad un assetto determinato e la necessità di superarlo negandolo e facendo sì che si realizzi una più alta razionalità.

Frequenta l’Università di Berlino dove ascolta le lezioni di Hegel. Scrive L’essenza del Cristianesimo, L’essenza della religione, Principi della filosofia dell’avvenire. Avvicinatosi al gruppo dei Giovani hegeliani, nel 1837 pubblica un articolo dal titolo: “Critica della filosofia hegeliana”, che rappresenta uno dei più acuti e radicali interventi critici dell’epoca sulla filosofia hegeliana. Feuerbach polemizza contro la tendenza di Hegel a divinizzare e assolutizzare le grandi forme dell’esperienza umana: l’arte, la scienza, la storia che sono invece attività determinate nel tempo; egli ritiene inoltre il sistema hegeliano totalizzante e astratto perché trascura il reale nei suoi aspetti concreti ed irriducibili. Hegel, per Feuerbach., ha accantonato i fondamenti e le cause naturali. Ma una filosofia che accantona la natura è vana speculazione. La filosofia è la scienza della realtà naturale e materiale. All’assolutismo e all’astrattismo del pensiero hegeliano Feuerbach oppone il principio dell’irriducibilità del reale. Invano un celebre passo della Fenomenologia pretende che un semplice voltarsi del soggetto faccia dileguare quel fenomeno concreto che è l’albero. In realtà, obietta Feuerbach, “anche se dietro le mie spalle, mi si mostra come un’esistenza assai reale”.

Nel 1844 escono i Principi della filosofia dell’avvenire che contengono un po’ la summa del suo pensiero. Ciò che colpisce il lettore è la vivissima coscienza di F. della novità della propria filosofia. F. sente di impersonare il momento di rottura e di crisi di un corso secolare del pensiero, il cui inizio viene individuato nella dottrina cristiana. E’ stato Cartesio, infatti, a privilegiare per primo il pensiero puro e a produrre quella “astrazione dalla sensibilità e dalla materia, che è il punto di partenza della moderna filosofia speculativa. La filosofia moderna, con Spinoza, Leibniz, Kant, si configura come immaterialismo, spiritualismo, idealismo astratto. Naturalmente il compimento di questo itinerario del pensiero moderno è Hegel, che privilegia solo essenze immateriali e concettuali e nega il materiale, il naturale, il sensibile. Quello che interessa F. è l’uomo reale, che è innanzi tutto natura, corporeità, sensibilità, bisogno. Quindi occorre negare l’idealismo che è solo lo smarrimento dell’uomo concreto. La filosofia di Feuerbach si configura come riabilitazione delle cose sensibili.

Il pensiero di Feuerbach si configura come una filosofia del senso (in polemica con la filosofia idealistica che valorizza il solo concetto, o l’idea della cosa): “solo attraverso i sensi un oggetto viene dato in modo autentico – non attraverso il pensare per se stesso”. Le sensazioni costituiscono, per F., non solo il primo e fondamentale contatto col mondo, ma procurano un’esperienza col reale che nessun’altra funzione umana può sostituire. La sensibilità non si riduce affatto a un atteggiamento conoscitivo, puramente ricettivo, passivo, bensì è soprattutto un atteggiamento pratico, come dimostrano i suoi legami con le passioni e con l’amore. Solo quando c’è passione,quando c’è amore c’è scoperta dell’esistenza delle cose e degli altri. Per chi non ama è del tutto indifferente che l’oggetto esista o non esista, e, in questo senso, l’amore è la vera “prova ontologica” dell’esistenza degli oggetti fuori della nostra testa. Tuttavia la coscienza non sorgerebbe e non si svilupperebbe se la tensione tra soggetto e oggetto riguardasse solo le cose, e non soprattutto il rapporto con gli altri uomini. La dialettica non è un monologo del pensiero con se stesso, ma un dialogo tra uomini che sono sempre un io e un tu, con la loro concretezza corporea e con le loro particolari esperienze. Appunto per questo, guardare all’uomo vivo,concreto,per F. non può mai significare chiudersi nell’isolamento dell’individualità, perché nessun uomo singolo ha in sé l’essenza dell’uomo, che si trova e si realizza soltanto nella specie, nell’intero genere umano, ossia nella comunità dell’uomo con l’uomo. La filosofia di F. si configura anche come umanismo materialistico, come una filosofia dell’uomo considerato come ente finito, terreno, corporeo. La nuova filosofia comincia con l’assioma: “il corpo è costituito della mia essenza; anzi, il corpo nella sua totalità è il mio io, la mia essenza stessa”. L’unico punto di partenza valido è l’uomo, l’uomo come totalità finita ma complessa, nella quale la materia corporea, coi suoi desideri e le sue “basse” funzioni organiche, ha un ruolo di grande importanza.

La nuova filosofia –scrive Feuerbach nei Pensieri della filosofia dell’avvenire – è la risoluzione completa, assoluta, coerente della teologia in antropologia. Questa tesi riassume il contenuto essenziale della sua opera più nota, L’essenza del Cristianesimo, pubblicata nel 1841. La religione, per Feuerbach, è un fatto umano, totalmente umano. L’uomo pone le sue qualità, le sue aspirazioni, i suoi desideri fuori di sé, si estranea, si aliena e costruisce la sua divinità. Dio viene a configurarsi come l’oggettivazione degli aspetti o delle istanze di perfezione e di assoluto che sono in ogni uomo. L’uomo poi dimentica la genesi reale, antropologica, degli attributi divini e contempla Dio come ente diverso, estraneo. Feuerbach parla di alienazione religiosa . Essa si attua quando l’uomo interpreta certi caratteri della divinità –la perfezione, la bontà, il provvidenzialismo, la giustizia- come appartenenti oggettivamente ed originalmente alla divinità medesima, la quale acquista così un’esistenza autonoma che in qualche modo depaupera l’essere umano (in quanto lo priva di caratteri che in origine appartenevano ad esso) e lo assoggetta ad un Essere “altro”. La religione, dunque, è la proiezione dell’essenza dell’uomo: “Dio è lo specchio dell’uomo”, “quanto l’uomo vale , tanto e non più vale il suo Dio”. “Dio è l’essenza dell’uomo espressa”, l’essere divino è unicamente “l’essere dell’uomo liberato dai limiti dell’individuo, cioè dai limiti della corporeità e della realtà, e oggettivato, ossia contemplato e adorato come un altro essere da lui distinto”. Ma perché l’uomo si estranea, perché costruisce la divinità senza riconoscervisi? Perché l’uomo, risponde Feuerbach, trova una natura insensibile alle sue sofferenze e nella religione allevia il proprio cuore oppresso. “Dio è l’eco del nostro grido di dolore”. L’uomo fugge dalla natura e si rifugia nel proprio intimo per trovare più ascolto alle proprie sofferenze. Questo conforto del cuore, questa sofferenza che ha potuto effondersi è Dio. Al Dio in cielo Feuerbach sostituisce un’altra divinità, “l’uomo di carne e di sangue”. Feuerbach sostiene la morale che raccomanda l’amore dell’uomo in nome dell’uomo. E’ questo l’intento dell’umanesimo di Feuerbach: quello di trasformare gli uomini da amici di dio in amici degli uomini, “ da uomini che credono in uomini che pensano, da uomini che pregano in uomini che lavorano…”.

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