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SIGMUND FREUD
Possiamo affermare che con il termine psicoanalisi intendiamo:
una procedura esplorativa di quei processi mentali che sono inaccessibili
ai metodi tradizionali.
una particolare tecnica psicoterapeutica, basata fondamentalmente sull'investigazione,
ai fini di trattare i disturbi neurologici di varie origini.
una sistematica accumulazione di conoscenze raccolte con il metodo psicoanalitico,
quasi a costruire una dottrina psicologica.
Dobbiamo però partire dal presupposto che non bisogna intendere
la psicoanalisi come una scuola di pensiero unitaria e rigidamente istituzionalizzata,
bensì come una galassia di teorie, pratiche ed idee che gravitano
intorno alle scoperte del padre fondatore della psicoanalisi: Sigmund
Freud.
Grazie all'aiuto dell'autoanalisi, Freud rivoluziona la visuale della
vita affettiva e sessuale infantile; una delle opinioni comuni sulle pulsioni
erotiche di questo periodo della vita di ogni individuo è che ne
sia totalmente priva e che essa si risvegli soltanto con l'entrata nella
pubertà. Il bambino è sempre stato considerato, infatti,
una creatura asessuata ed innocente. Nei Tre saggi sulla vita sessuale
Freud sostiene che la ricerca del piacere, colonna portante della sessualità
dell'essere umano, è sviluppata fin dalla prima infanzia. Il punto
di partenza per l'elaborazione della teoria è costituito dall'amnesia
che oscura i primi anni della nostra vita; nessuno si meraviglia di questo
fenomeno, per il quale vediamo celati i nostri ricordi fino al sesto anno
di vita, in quanto supponiamo che la nostra memoria fosse al tempo ancora
troppo poco sviluppata per conservare impressioni e ricordi, quando invece
in quegli stessi anni reagivamo con vivacità, perfettamente in
grado di provare dolore, gioia, amore, gelosia e tutte le sensazioni che
caratterizzano l'uomo adulto. E come possiamo sostenere di aver dimenticato
tutta la nostra vita infantile, quando è stato più volte
dimostrato che la nostra vita attuale è massimamente influenzata
da quelli che erano i nostri vissuti proprio in quel periodo? Freud si
rende in questo modo conto che quei pochissimi ricordi che serbiamo della
nostra infanzia, non sono altro che ricordi di copertura, che hanno la
funzione di mascherare tutta una serie di elementi che non possono accedere
alla nostra coscienza, di nascondere gli esordi della nostra vita sessuale.
E' certo che, fin dalla nascita, il bambino sia in possesso di impulsi
sessuali che continuano nel loro sviluppo costantemente per un certo tempo,
ma che poi subiscono una progressiva repressione. La vita sessuale del
bambino è soggetta a osservazione in particolar modo intorno al
terzo o quarto anno di vita. In questo periodo abbiamo le prime manifestazioni
di sessualità vera e propria. Attraverso la ricostruzione delle
esperienze sessuali infantili Freud formula la teoria secondo cui la sessualità
infantile si sviluppa intorno all'autostimolazione delle zone erogene,
che non sono solo quelle genitali. Racchiude tutto il suo concetto di
energia sessuale in unico termine, parola chiave e perno di tutte le sue
teorie: la libido. Egli suddivide lo sviluppo del bambino in tre fasi
principali: orale, anale, genitale. La fase orale vede l'interesse sessuale
del bambino spostato sul piacere ricavato dall'autostimolazione della
mucosa della bocca, da qui deriva l'abitudine infantile di succhiare,
il ciuccio, il dito, e in generale tutto quel che capita a portata di
mano. La fase anale interessa il bambino a partire dai due anni di vita;
in questo periodo la zona erogena per eccellenza è quella anale;
in questo contesto egli trova molto eccitante il momento in cui i genitori,
e in particolar modo quello di sesso opposto, stimolano questa zona, nell'atto
di pulirlo. L'ultima fase è quella che più si avvicina alla
sessualità comunemente intesa: si tratta infatti della fase genitale,
in cui il bambino comincia a provare piacere erotico nella stimolazione
dell'organo genitale, cominciando a notare le differenze che intercorrono
tra quello maschile e quello femminile e dimostrando i primi dubbi circa
il ruolo dei genitori nel concepimento di un figlio. Questi dubbi sfociano
in una serie di teorie infantili che poi, col passare degli anni lo abbandonano
inesorabilmente. Le prime due fasi hanno una connotazione di autoerotismo,
nel senso che il bambino vede sé stesso come oggetto della pulsione;
nell'ultima fase, viceversa, il baricentro dell'interesse sessuale si
sposta su un'altra persona, come per esempio il genitore di sesso opposto.
E' in questo contesto che Freud formula le sue teorie circa il complesso
di Edipo, che illustra nella pubblicazione del caso clinico del piccolo
Hans.Durante questa fase si desidera appunto il genitore di diverso sesso,
invidiando il genitore in questo campo "rivale", o al contrario
identificandosi con esso. A questo periodo segue il cosiddetto periodo
di latenza, in cui la spinta pulsionale si ridimensiona, placandosi leggermente.
Questo periodo dura fino all'entrata nella pubertà.
Questo processo di sviluppo sessuale, teorizzato da Freud, non esclude
l'eventualità di incidenti, nel momento in cui questi processi
hanno uno sviluppo che, per un motivo o per l'altro, non segue il giusto
corso, dando origini a nevrosi che possono anche influenzare la vita futura
dell'individuo; le conseguenze sono perversioni o morbosità anormali,
che se represse possono tranquillamente sfociare in angosce, sindromi
d'isteria o fobie.
L'isteria è una psiconevrosi, indipendente da qualunque genere
di patologia strutturale ed organica, in cui conflitti emozionali inconsci
emergono come gravi dissociazioni mentali o come sintomi psichici. Uno
di questi sintomi è di sicuro l'accentuarsi dell'ansia, che prende
il sopravvento su tutti gli altri stati mentali. Anticamente l'isteria
era considerata un disturbo specificamente femminile, ed attribuito erroneamente
a malfunzionamenti dell'utero. Attualmente sappiamo che i sintomi isterici,
individuati soprattutto nell'età adulta, interessano non solo le
donne, ma anche esponenti di sesso maschile, nonostante molto più
raramente. Alla fine del XIX secolo Charcot, che usava l'ipnosi per studiare
l'isteria, dimostrò che pensieri contrastanti possono produrre
una grande quantità di manifestazioni psichiche; in seguito Freud
iniziò con Breuer le investigazioni mentali nei casi di isteria,
e sviluppò la teoria che questi sintomi fossero causati dalle memorie
represse ed emozionalmente problematiche. I casi d'isteria, com'erano
stati descritti nel 1900, sono molto più rari al giorno d'oggi,
e una spiegazione potrebbe essere che, essendo l'isteria causata dalla
censura inconscia, ed essendo attualmente la società non più
così rigida come al tempo, non vi è più la necessità
di reprimere i sentimenti perché troppo contrastanti con il canone
di vita ortodossa da seguire. Inoltre adesso in molte psiconevrosi tendono
a mescolarsi sintomi isterici con disturbi nevrotici di varia origine.
Le manifestazioni sensoriali degli isterici sono chiamate di conversione,
in quanto i disturbati generalmente non seguono lo schema regolare del
sistema nervoso. I sintomi che si riscontrano nelle persone affette da
isteria possono essere:
disturbi sensoriali
Disturbi alla vista, all'udito, al tatto e all'olfatto
Passaggio brusco da situazioni di ipersensibilità a stati di completa
anestesia.
Dolori fisici intensi senza alcun legame con patologie
organiche.
sintomi motori, paralisi completa, tremore, tic nervosi, difficoltà
di linguaggio, tosse nervosa, nausea e vomito, reazioni dissociative,
attacchi di amnesia, sonnambulismo, insonnia, incubi.
Quando nel 1885 Freud si trovava a Parigi con Charcot, rimase fortemente
impressionato dai potenziali terapeutici dell'ipnosi per i disturbi neurologici.
Al suo ritorno a Vienna cominciò dunque ad utilizzare questa tecnica
sui nevrotici per richiamare quegli eventi dolorosi e disturbanti che
erano stati rimossi, e dunque apparentemente dimenticati. Come cominciò
a sviluppare questo sistema psicoanalitico e a formulare le prime considerazioni
teoriche, subito incontrò le prime serie difficoltà e decise
di abbandonare questa tecnica, a favore delle cosiddette libere associazioni.
L'ipnosi può essere auto-indotta attraverso una serie di tecniche
di rilassamento o grazie a una vasta serie di pratiche che hanno origine
dai sistemi mistici, filosofici e religiosi. La pratica ipnotica può
essere attuata solo nel momento in cui tra l'ipnotizzatore e il paziente,
si viene a creare un rapporto di stima reciproca, di fiducia e di collaborazione.
Spesso l'ipnotizzatore ottiene l'attenzione del paziente e ne gestisce
i processi psichici con comandi verbali monotoni e ripetitivi; il paziente
dunque segue le istruzioni in modo acritico ed automatico; durante il
processo ipnotico la sua percezione del mondo reale è totalmente
determinata dall'ipnotizzatore. A causa dello stato in cui cade il paziente,
l'ipnosi viene definita simile al sogno, in quanto spinge ad emergere
tutti i fenomeni mentali regressivi del soggetto ipnotizzato. Dopo tale
pratica il paziente cade per un breve tempo in uno stato di amnesia post-ipnotica,
che è il risultato delle suggestioni che l'ipnotizzatore ha fatto
emergere durante lo stato di trance del paziente, facendo in modo che
questi riviva tutti quei ricordi dolorosi che erano stati rimossi e che,nel
momento in cui emergono, provocano all'individuo gravi disturbi all'individuo.
Nella storia della psicoanalisi il caso più noto di ipnosi applicata
ad una paziente isterica, è quello di Anna O., nell'analisi della
quale hanno operato in collaborazione Freud e Breuer, che riuscirono a
sconfiggere gravi problemi psico-somatici nella paziente, mettendo in
luce, grazie all'ipnosi, l'origine di alcuni sentimenti contrastanti e
dolorosi, da lei rimossi. L'ipnosi è stata ufficialmente riconosciuta
come un metodo terapeutico dalle associazioni mediche, psichiatriche e
psicologiche di tutto il mondo.
Con i concetti di transfert e controtransfert, Freud concentra la propria
attenzione sul lato umano, e sul rapporto che si viene a creare tra individui
che entrano in un certo tipo di contatto. Il transfert si basa sul concetto
che nella vita psichica di ogni individuo ci sia un residuo attivo della
vita passata e in particolare di quella infantile. Questo comporta che
il passato si possa ripetere nel presente, talmente grande è l'influenza
che la vita infantile ha sulla vita presente. In senso stretto il transfert
è quel fenomeno per cui il paziente, ovviamente inconsciamente,
vive il suo analista come una persona che è stata significativa
nel proprio passato. In base a ciò si iniziano a sviluppare tutta
una seri di sentimenti nei suoi confronti, che ricordano quelli provati
per le figure genitoriali nella vita infantile. Queste emozioni, che possono
essere pulsioni sessuali, tenerezze amorose o odio violento, vengono dunque
espresse in maniera sottile o vistosa, a seconda delle circostanze, e
trasferite sul medico, attribuite a lui. Con questo processo, sentimenti
ed emozioni vengono rivissuti grazie all'analista. Il transfert non è
però soltanto legato al rapporto medico-paziente; avviene ogni
qualvolta una persona assume un ruolo nella nostra vita, che non è
necessariamente positivo, ma può anche essere negativo o legato
ad un contesto particolarmente distruttivo (qualcuno che ha abusato sessualmente
di noi, una amante che non ci corrisponde, ecc.); chiunque può
catalizzare il transfert. In alcuni casi questo ruolo può anche
essere assunto da un qualcosa di inanimato o figurato (la patria, la Chiesa,
l'ideale politico). Freud colse appieno l'importanza del transfert grazie
alla sua esperienza personale, ovvero durante l'analisi del caso clinico
di Dora. Il transfert e la sua interpretazione sono elementi centrali
nell'analisi di un paziente. Il merito di Freud sta nell'aver avuto l'intelligenza
di comprendere che il paziente nel momento in cui prova trasporto emotivo
per il suo analista, non lo fa verso la sua persona in quanto tale, bensì
verso qualcuno che egli rappresenta. Il fenomeno conseguente al transfert
è la resistenza; ossia il tentativo dell'individuo di impedire
all'inconscio di far trapelare questo stato.
Legato al concetto di transfert vi è quello del controtransfert,
che costituisce una vera e propria svolta nell'indagine psicoanalitica.
Freud si trovò durante l'analisi di Dora, allo stesso modo di Breuer
a suo tempo con la paziente Anna O., davanti a un coinvolgimento che avrebbe
riguardato la propria persona, oltre che alla propria figura come medico.
L'introduzione del controtransfert, ossia di una risposta emotiva al trasporto
del paziente, fu così importante per la psicoanalisi, in quanto
è un fenomeno tanto complesso quanto illuminante; tutte le pazienti
affette da isteria, dimostrerà, sono propense ad eccitare, illudere
e poi definitivamente punire i propri analisti, che sono costretti, loro
malgrado a subire questo processo dagli effetti travolgenti.
Nel 1901 Freud pubblica Psicopatologia della vita quotidiana, una delle
sue più celebri opere in cui si propone di spiegare le cause che
stanno all'origine delle dimenticanze, dei lapsus e in generale di tutti
quegli "innocenti" errori che nella vita di ogni giorno commettiamo,
senza prestarvi nessuna particolare attenzione, e che nascondono fenomeni
psichici ben precisi e profondi.
Dimenticanza dei nomi propri. In molti casi l'uomo si dimentica una grande
quantità di nomi, e in particolar modo quelli propri. In tali casi,
oltre alla fenomeno della dimenticanza, subentra quello dello spostamento:
a colui che si sforza di richiamare alla memoria il nome dimenticato si
presentano alla coscienza altri nomi (sostitutivi) che sono sì
riconosciuti come errati, ma che tuttavia continuano a imporsi con grande
insistenza. Il processo che deve riprodurre il nome cercato è,
per così dire, spostato. Il presupposto da cui parte Freud è
che quest'ultimo meccanismo non sia lasciato all'arbitrio psichico, ma
segua percorsi a loro volta definiti da leggi ben precise. Le condizioni
della dimenticanza di un nome, accompagnata da falsi ricordi sono dunque:
una certa disposizione a dimenticarlo, un processo di repressione verificatosi
poco prima, la possibilità di stabilire un'associazione esteriore
tra il nome in questione e l'elemento represso. Quest'ultima condizione
non dev'essere più di tanto sopravvaluta, poiché nella maggioranza
dei casi dipende dalle scarse pretese di associazione logica, ispirate
dal nome. Un esame approfondito mostra come l'elemento rimosso e quello
nuovo siano collegati da un'associazione esteriore e di conseguenza posseggano
un nesso nel contenuto.
Lapsus verbali. Gli esperti raggruppano gli esempi di lapsus verbali,
classificandoli in scambi (per esempio la "Milo di Venere" anziché
la "Venere di Milo"), presonanze o anticipazioni (per esempio:
"mi sentivo il pesso... petto oppresso), risonanze o posposizioni,
contaminazioni (quando si combinano due modi di dire), sostituzioni (quando
si invertono due termini dalla fonetica simile ma di significato completamente
diverso). L'ipotesi che un meccanismo simile a quello che abbiamo dimostrato
per la dimenticanza dei nomi possa avere parte anche nei fenomeni di lapsus
verbali, può portarci a una comprensione più profonda e
meglio fondata di questi ultimi. La perturbazione del discorso che si
presenta come lapsus verbale ha origine in primo luogo dall'influenza
di un'altra parte dello stesso discorso, dunque dal suonare anticipatamente,
oppure da una seconda versione all'interno della proposizione, o del discorso
che si intende pronunciare. La simultaneità dell'eccitamento costituirebbe
l'elemento comune ai due tipi di formazione dei lapsus verbali, mentre
la differenza consisterebbe nel porre il disturbo all'interno o all'esterno
della frase. Il lapsus va interpretato come una rappresentazione inconscia,
che non va sottovalutata, ma che al contrario ha consistenti implicazioni
con la vita subconscia dell'individuo.
Azioni sintomatiche e perdita degli oggetti. Freud suddivide le azioni
sintomatiche o causali, che potrebbero essere raggruppate a seconda che
si verifichino abitualmente, regolarmente sotto determinate circostanze,
oppure siano isolate. Le prime (giocherellare con la penna, attorcigliare
la barba, ecc.) assomigliano a vari tipi di tic nervosi, tanto che vengono
trattati assieme a questi ultimi. Nel secondo gruppo Freud inserisce tutte
quelle azioni automatiche che si compiono con un oggetto in mano: scarabocchiare
con la matita, far tintinnare le monete in tasca, stropicciare l'abito
che si indossa, e così via. Di solito quando si compiono queste
azioni non se ne vedono gli effetti; tutto ciò che si fa, senza
accorgersene è degno di approfondimento: ogni piccolo particolare,
per esempio un bottone non allacciato, significa che la persona non vuole
dire direttamente qualcosa, e che per lo più non sa nemmeno di
dire. Tra le tante azioni sintomatiche una delle più frequenti
e abituali, è quella del perdere alcuni oggetti, cui teniamo particolarmente.
Questo fenomeno va interpretato, nel più dei casi, come un desiderio
inconscio di colui che subisce la perdita. Spesso è solo l'espressione
del poco valore dell'oggetto perduto, un'avversione nascosta per la cosa,
per la persona da cui proviene o che l'oggetto in questione ci ricorda.
La perdita di oggetti di valore serve a esprimere svariati moti affettivi;
essa rappresenta simbolicamente un pensiero rimosso, dunque ripete un'esortazione
che si preferirebbe non sentire; oppure, soprattutto, è un sacrificio
alle "oscure potenze del destino", il cui culto non è
ancora spento neanche tra di noi.
Sicuramente il primo punto di svolta concreto nella vita professionale
di Freud è rappresentato dal caso clinico di Anna O. Siamo negli
anni intorno al 1890. Freud collaborava con Breuer ad un particolare caso
d'isteria. Si tratta di Bertha Pappenhein, meglio nota come Anna O., una
ragazza ventunenne di notevole intelligenza e cultura che nel corso di
una malattia durata due anni aveva presentato una serie di disturbi fisici
e mentali; ella soffriva di una grave paralisi ad entrambi gli arti di
destra, di disturbi alla mobilità oculare, con un notevole danno
visivo, di turbe all'udito, di difficoltà nella postura del corpo,
di forte tosse nervosa, di nausea ogni volta che cercava di alimentarsi,
e una volta, di grave idrofobia, che la tenne lontana dall'acqua per parecchie
settimane. Anche le sue capacità lessicali si erano ridotte, fino
ad arrivare all'impossibilità di parlare e comprendere. Infine
la paziente andava soggetta a momenti di afasia, nei quali alternava stati
di confusione, di delirio, di alterazione di tutta la personalità.
Inizialmente con un quadro sintomatico di questo genere, si pensò
ad una grave lesione, ma all'esame obbiettivo gli organi della ragazza
risultarono perfettamente normali. I medici esclusero anche una lesione
organica cerebrale, essendo propensi a quella misteriosa condizione nota
come isteria, la quale è in grado di simulare tutta una serie di
sintomi appartenenti a diverse malattie.
Breuer riuscì ad eliminare i sintomi attraverso la pratica del
metodo ipnotico. Ogni sera si recava a casa della ragazza e, dopo averla
ipnotizzata, la faceva parlare. Sotto ipnosi, Anna parlava del doloroso
periodo della sua vita in cui aveva dovuto assistere il padre gravemente
malato, ricordando quei sentimenti, rimasti repressi, di rabbia, disgusto
e paura. Breuer notò che raccontando l'episodio doloroso connesso
all'insorgere di uno dei sintomi prima citati, Anna riusciva a vivere
intensamente le emozioni provocate dal doloroso ricordo, e al termine
di tale rievocazione il disturbo scompariva. Questa terapia, definita
catartica funzionò anche con gli altri sintomi. Freud in seguito
affermerà che "l'isterico soffre di ricordi", ovvero
degli effetti dolorosi di un evento passato, apparentemente dimenticato,
ma in realtà ancora 'vivo' nelle profondità inconsce della
mente.
Nonostante il successo terapeutico, Breuer interruppe improvvisamente
il trattamento, accortosi del rapporto che andava creandosi con la paziente,
spaventato dall'intensa e reciproca dipendenza affettiva che si era instaurata
con Anna. Egli non colse dunque gli aspetti innovativi dell'importante
metodo terapeutico, non credendo che la teoria da lui scoperta potesse
essere generalizzata. Freud, al contrario, colse elementi che andavano
ben oltre il singolo caso; si era infatti accorto che il blocco di Anna
era determinato da un conflitto psichico tra qualcosa che avrebbe voluto
essere espresso e qualcosa che ne contrastava appunto l'espressione; la
sua sofferenza è da ricondurre al fatto che inconsciamente Anna
si era proibita la presa di coscienza e dunque l'esternazione di sentimenti
e desideri erotici ed aggressivi inconciliabili con la sua morale, la
sua cultura e la sua educazione. Pur essendo al corrente del ruolo delle
pulsioni sessuali nelle nevrosi, Breuer rifiutò di riconoscere
il ruolo fondamentale che esse hanno giocato in quella di Anna, fuggendo
dalla relazione affettiva con la paziente. A differenza di Freud non è
arrivato ad un concetto fondamentale nella psicoanalisi: si tratta del
transfert, grazie a cui si può arrivare alla liberazione del ricordo
traumatico del paziente; Breuer era giunto alla condizione in cui si può
parlare di controtransfert, come dimostrano i sentimenti di dipendenza
che provava per Anna.
Nel 1908 Freud pubblica il caso clinico che meglio esprime le teorie che
stava formulando sul complesso di Edipo, illustrando la storia della malattia
e della guarigione di un bambino di cinque anni, Hans, il figlio di Max
Graf, uno dei membri delle riunioni del mercoledì sera in casa
Freud.
Nell'introduzione all'analisi del caso Freud scrive: "E' vero che
ho tracciato le linee generali del trattamento e che in una singola occasione
sono intervenuto personalmente in un colloquio col bambino, ma il trattamento
stesso è stato eseguito dal padre del piccolo paziente; a lui va
tutta la mia riconoscenza per avermi consegnato i suoi appunti affinché
fossero pubblicati"
Questo aspetto non va affatto sottovalutato, poiché in questa particolare
analisi si è raggiunta la particolare condizione per cui la figura
del medico si trova sovrapposta a quella di padre, il che ha permesso
che molte difficoltà che sarebbero senz'altro rimaste insormontabili,
se si fosse operato diversamente, siano state vinte dalla conoscenza diretta
di vari aspetti, che permise per esempio al padre di interpretare parole
del figlio cinquenne, che si sono rivelate chiave nella risoluzione del
caso.
Fin da quando ha tre anni, Hans mostra subito un vivo interesse per la
genitalità, in particolare per quella dei genitori. Il bambino
non fa alcuna distinzione tra l'organo femminile e quello maschile; è
convinto infatti che tutti indistintamente siano in possesso del "fapipì"
(nome con cui indica generalmente l'organo genitale). Questo suo morboso
interessamento non rientra solo in campo teorico, come si potrebbe pensare,
ma lo incita anche all'autostimolazione assidua e a un grande senso dell'autoerotismo.
Più volte viene sorpreso dei genitori e le frequenti minacce, anche
se non del tutto repressive lo spingono a una fobia meglio definita come
complesso di Evirazione, in cui il bambino è in costante e visibile
ansia per la paura di perdere il proprio organo genitale. Va però
tenuto sempre presente che nei suoi primi anni di vita non ha praticamente
nessuna relazione con i suoi coetanei, il che lo porta all'adorazione
di tutti i bambini con i quali entra in contatto, e alle prime manifestazioni
omosessuali che caratterizzeranno il suo sviluppo e i suoi rapporti sociali
nei primi anni di vita.
Lo sviluppo sessuale di Hans ha un punto di svolta notevole alla nascita
della sorellina Hanna; egli non solo comincia a formulare una serie di
dubbi in merito alle teorie che gli vengono proposte circa la nascita
dei bambini, in quanto scopre che solo le donne possono averne, ma nota
anche l'assenza del pene nella sorella. A questa problematica risponde
dicendosi che ogni individuo ha un organo genitale direttamente proporzionale
alla propria età e continua a pensare che le dimensioni di quello
della sorella aumenteranno con la sua crescita. Alla nascita di Hanna
corrisponde la nascita nel bambino di una fobia per gli animali, in particolare
per i cavalli, che gli ispirano un gran senso di inquietudine. Questo
elemento, dà modo di pensare che nei suoi primi anni d'infanzia
egli abbia sviluppato una forte nevrosi ossessiva.
In lui nasce anche un sempre più forte desiderio di avere rapporti
sempre più intimi con la madre, e non con il padre. Vuole che sia
lei ad accompagnarlo in bagno e a pulirlo, vuole dormire con lei e comincia
lentamente ma inesorabilmente a distaccarsi dal padre e a vederlo come
un rivale, ad invidiarlo per le dimensioni del suo organo e ad esserne
inconsciamente inquietato. "A preparare il terreno è stato
probabilmente un sovraeccitamento sessuale dovuto alla tenerezza della
madre...". Desidera sempre più morbosamente le "coccole"
materne. Il disturbo serio comincia realmente con la nascita di pensieri
allo stesso tempo ansiosi e teneri e con un sogno d'angoscia il cui contenuto
è la perdita della madre, della quale ha un bisogno totalizzante
e travolgente che non è ancora in grado di spiegarsi. Anche quando
è in sua assenza, il desiderio inappagato di lei persiste, non
concedendogli pace. Il padre incolpa la madre di questa sua nevrosi, e
per un certo tempo Hans viene tenuto lontano dal letto dei genitori, il
che è causa di grande sofferenza per il bambino che all'età
di 4 anni viene trasferito in una camera da letto separata.
La conclusione del caso è comunque vicina; Hans riesce ad esprimere,
attraverso una serie di sogni, il complesso di inferiorità che
nutre nei confronti del padre, e la paura che la madre possa preferirlo
a lui, perché le dimensioni del suo organo genitale sono superiori
(lo stesso motivo per cui inconsciamente era terrorizzato dai cavalli),
e che non potrà mai essere in grado di competere. Quando al bambino
viene spiegata la situazione, e viene confortato dai genitori, il complesso
sparisce praticamente del tutto, nonostante per qualche tempo persista
un residuo della malattia, che però non è più espressa
da paura, ma dalla normale pulsione a fare domande. Il residuo insolito
consiste nel fatto che Hans continui a domandarsi cosa c'entri l'uomo
nel concepimento del figlio, dal momento in cui è la madre a dargli
luce. Appare superata anche l'angoscia provocata dalla paura dell'evirazione.
Hans superò indenne la pubertà, senza più soffrire
di disturbi o inibizioni di alcun genere. Aveva anche sopportato senza
particolari problemi il divorzio dei genitori. Quando parecchi anni dopo
rilesse la pubblicazione del suo caso clinico, affermò che tutto
gli era parso estraneo e non vi si riconosceva affatto.
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