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THOMAS HOBBES
Secondo Hobbes, la filosofia è conoscenza razionale di connessioni
causali, e perciò è lo studio dei corpi, la cui creazione
e le cui qualità si possono comprendere concettualmente. I corpi
possono essere naturali (tra questi è compreso anche l'uomo), o
artificiali (lo stato). Compito del filosofo è analizzare gli accadimenti
complessi sulla base dei loro elementi, per risalire ai princìpi
universali. Il primo principio che contribuisce a chiarire le connessioni
esistenti in natura è il movimento. Tutti i processi sono spiegabili
in senso meccanicistico.
La teoria della conoscenza di Hobbes procede dall'idea che certi contenuti
concettuali corrispondono a cose indipendenti dal pensiero. Gli oggetti
esterni esercitano sugli organi di senso uno stimolo meccanico, il quale,
attraverso la reazione degli "spiriti vitali" inferiori, produce
nella mente il concetto corrispondente.
Le essenze non costituiscono l'oggetto diretto della conoscenza, bensì
i concetti. A essi vengono associati determinati nomi, i quali hanno la
funzione di segni di riconoscimento e di segni di comunicazione tra i
vari individui. La logica filosofica ha perciò a che fare con contenuti
concettuali raggruppati in proposizioni. La verità si riferisce
esclusivamente agli enunciati e non alle cose. La verità di una
proposizione viene stabilita attraverso l'analisi dei concetti in base
alla loro definizione specifica e alla loro connessione.
All'interno di tale concezione, la razionalità viene concepita
come una sorta di calcolo: la mente sarebbe analoga a una macchina capace
di operare sulle parole tramite operazioni aritmetiche.
Anche sul piano etico, Hobbes presuppone che le emozioni e gli atti della
volontà vengano prodotti dagli stimoli che provengono dall'oggetto
e che siano determinati meccanicamente. Il piacere nasce con l'aumentare
del movimento degli spiriti vitali, e l'oggetto che lo produce viene recepito
come bene. Da ciò deriva l'autoconservazione, ogni organismo mira
a perpetuare il suo movimento vitale e ad evitare la morte. Poiché
la propria sopravvivenza costituisce il valore supremo, ogni individuo
agisce egoisticamente; non esiste alcun principio superiore a cui è
necessario fare riferimento: ognuno decide da sé ciò che
è per lui meglio.
Hobbes rifiuta la concezione tradizionale secondo cui l'uomo sarebbe,
per natura, un essere sociale. Nello stato di natura, l'unica, motivazione
che possa indurre l'uomo ad aggregarsi ai suoi simili è il suo
proprio vantaggio. Nello stato di natura, ogni uomo è uguale all'altro,
avendo, di conseguenza, diritto su tutto. Ogni uomo è libero di
utilizzare le sue facoltà naturali e di impiegare ogni mezzo per
sostentarsi. Poiché ognuno ambisce al proprio vantaggio a danno
degli altri e, contemporaneamente, il numero di individui che ambiscono
a una stessa cosa tende sempre ad aumentare, è chiaro "che
la condizione naturale degli uomini, precedente al loro aggregarsi in
uno stato, era quella di guerra", la guerra di tutti contro tutti
(bellum omnium centra omnes). Poiché, però, l'istinto di
autoconservazione è tipico dell'uomo, nasce l'esigenza di una stabilità
basata su una pace sicura. La prima legge naturale afferma, pertanto,
"che si deve ricercare la pace, per quanto è possibile averla".
Ma la sicurezza si può raggiungere solo se non si mantiene il diritto
di tutti su tutto, ma se, invece, si trasmettono singoli diritti o si
rinuncia ad altri, cosa che accade in base a un contratto vincolante per
tutti.
L'osservanza delle leggi naturali può essere garantita solo attraverso
la subordinazione dei singoli ad un'unica volontà. Gli individui
stipulano un contratto sociale, in base al quale si impegnano reciprocamente
a non opporre resistenza alla volontà di quell'uno al quale tutti
si sono sottoposti. E' così che lo stato, come l'istituzione la
cui volontà, in virtù del contratto da tutti stipulato,
vale come volontà generale. Il detentore di questa somma autorità
può essere una persona o un'assemblea. Il suo potere è illimitato,
inalienabile e indivisibile. Hobbes paragona questo Stato al Leviatano
biblico, simbolo di un potere insuperabile o "di quel Dio mortale,
al quale noi dobbiamo la nostra pace e la nostra difesa, sotto il Dio
immortale". Il sommo dovere di colui a cui è demandato il
potere statale è il conseguimento del benessere del popolo. Al
fine della coese del tutto la Chiesa deve essere subordinata allo Stato.
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