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EMPEDOCLE DI AGRIGENTO
Empedocle formula nei suoi versi la teoria dei quattro elementi o "radici"
di tutte le cose: terra, acqua, aria e fuoco. Essi si compongono e si
disgregano attraverso due forze di attrazione e repulsione: amore o amicizia
ed odio o discordia. Gli elementi di Empedocle non sono intesi nello stesso
modo in cui erano ritenuti dai filosofi della Ionia, infatti egli non
considera ognuno come un archè, ma sono i mezzi attraverso
i quali si è formata tutta la realtà che ci circonda. In
tal senso, per esempio, Empedocle cercò di stabilire la quantità
delle diverse radici nella costituzione degli esseri particolari, concludendo
che le ossa sono formate da due parti di terra, due di acqua e quattro
di fuoco. Così l'uomo, come tutte le altre cose, è composto
dalle stesse sostanze di cui è formata la realtà intorno
a noi. In connessione con questa teoria, Empedocle immagina che il cosmo
sia soggetto ad uno sviluppo ciclico suddivisibile in quattro fasi: due
iniziali, caratterizzate dal prevalere dell'odio e dell'amore, e altre
due come fasi di passaggio. L'universo si sarebbe creato, secondo il filosofo,
dal prevalere dell'amore che ha formato i pianeti che noi conosciamo;
noi ora stiamo vivendo in una fase intermedia in cui sono presenti sia
l'odio che l'amore, e quando prevarrà totalmente l'odio allora
l'universo avrà fine.
Il pensiero di Empedocle riguarda anche la teoria della metempsicosi
: gli esseri scontano le loro colpe mediante una serie di reincarnazioni;
solo gli uomini che sapranno purificarsi potranno tornare a dimorare tra
gli dei, poiché l'anima è ritenuta di origine divina.
Il papiro ritrovato
Ad Empedocle sono attribuite due opere: Sulla Natura e le Purificazioni;
esse trattano rispettivamente di filosofia della natura e di un argomento
a carattere magico-religioso.
Un'importante scoperta, fatta nella biblioteca di Strasburgo da parte
del grecista belga Alain Martin, approfondisce le conoscenze sul filosofo
presocratico. Infatti in un papiro databile intorno alla fine del primo
secolo dopo Cristo, lo studioso ha identificato i resti di un libro antico
contenente il poema Sulla Natura, restituendoci così altri settantaquattro
esametri. Il papiro, dopo varie peripezie, si era lacerato in cinquantadue
frammenti che in seguito furono assegnati alla biblioteca di Strasburgo,
abbandonati al tempo ed alla polvere, finché non è stato
definitivamente ricomposto da Martin nel 1994. Questo ritrovamento è
da considerarsi importante, in quanto ha consentito di integrare nel ciclo
cosmico di Empedocle il racconto magico-religioso delle Purificazioni,
in modo che quest'ultimo aspetto risulta in un rapporto di complementarietà
con quello scientifico presente nel poema. Sulla Natura.
Questo ci porta a ritenere che i due titoli riportati dalla tradizione
non si riferiscano a due opere diverse, bensì alla stessa.
L'Orfismo
Nella seconda metà del VI sec. a. C. ad Atene e nella Magna Grecia,
si svilupparono dei movimenti che raccoglievano coloro che decidevano
di vivere secondo le regole di Orfeo o di Dioniso. Quest'ultimo era una
delle divinità più importanti del mondo ellenico; figlio
di Zeus, fu ispiratore delle correnti misteriche dell'età antica
(misteri dionisiaci, e orfici); fu animatore del genio artistico del popolo
(poesia, teatro, danza). Era il dio della natura incontaminata, della
foresta, dell'ebbrezza e delle forze vitali, una divinità i cui
culti erano privati e personali; vi erano donne, le baccanti, che si abbandonavano
a danze sfrenate e passionali per avere un diretto contatto con questa
divinità.
Orfeo era una figura che si riflette nell'immagine di Dioniso. Si racconta
che Orfeo, come altre divinità, fosse disceso nell'Ade per riportare
in vita la moglie Euridice, uccisa dal morso di un serpente, ma che fallì
nell'impresa in quanto non rispettò il divieto di guardarle il
volto durante il cammino dal mondo degli inferi a quello dei vivi.
Sono stati ritrovati numerosi libri ispirati all'orfismo, sia a Tessalonica
che in Grecia. In particolare sul petto di un corpo esanime è stato
scoperto il più antico libro greco, che probabilmente, nelle intenzioni,
doveva essere utilizzato nell'aldilà.
La dottrina orfica influenzò notevolmente la filosofia greca (Empedocle,
Pitagora e Platone) poiché predicava l'esistenza di una doppia
natura umana: una divina, l'anima, e l'altra terrena, il corpo. Quest'ultimo
era considerato come un ostacolo alla redenzione e uno strumento di peccato.
La vita era vista come una punizione per aver commesso opere ingiuste:
infatti se l'uomo non conduceva una vita rigorosa e non era riuscito a
purificare l'anima, questa, alla morte del corpo, si reincarnava nuovamente.
Il processo assumeva il nome di metempsicosi e aveva termine solamente
quando l'anima pura poteva ricongiungersi con il corpo.
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