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LA PSICOLOGIA DI NIETZSCHE

Prima di cominciare, bisogna collocare la psicologia di Nietzsche nell'insieme del suo pensiero filosofico. Dobbiamo ricordare che la verità è pura finzione, poiché ha soppresso la cosa-in-sé (compresa la “volontà” schopenhaueriana), lasciando sussistere soltanto il mondo fenomenico. Per questo, la sua psicologia non può essere una disciplina teoretica, che si limiti a contemplare passivamente la realtà, come di solito fa l’antropologia filosofica, ma uno strumento per operare una profonda trasformazione nella cultura. L’idea centrale è quella di una “transvalorazione (Umwertung) di tutti i valori”. L’intenzione di Nietzsche è di superare il modo cristiano e moderno di giudicare, soprattutto in campo morale, e accettare il mondo come divenire puramente immanente, senza nessuna unità di misura esterna (Dio, le idee, la cosa-in-sé). In funzione di tale scopo di transvalorazione, la psicologia svolge il ruolo distruttivo dell’immagine che gli uomini hanno di loro stessi.

Non è assolutamente necessario, sbarazzarci dell’“anima” e rinunziare a una delle più antiche e venerande ipotesi. Ma la strada per nuove forme e raffinamenti dell’ipotesi anima resta aperta: e concetti come “anima mortale” e “anima come pluralità del soggetto” e “anima come struttura sociale degli istinti e delle passioni” vogliono avere, sin d’ora, diritto di cittadinanza nella scienza.

La sua meta finale sarà porre di manifesto che il cristianesimo, e la morale sorta da esso, hanno come esito la malattia. I cristiani, e più in generale gli europei, sarebbero dei malati mentali, dei nevrotici. Dimostrare questo è il fine che Nietzsche si prefigge (e certamente nel suo pensiero il fine ha un ruolo non trascurabile) quando sviluppa le sue analisi psicologiche.

La psicologia di Nietzsche vuol essere, esplicitamente, una "psicologia del profondo" che diviene la “signora di tutte le scienze”. Siamo davanti ad una "svolta psicologica" con delle conseguenze molto importanti. La psicologia diviene "la strada per i problemi fondamentali".

Non è quindi un’antropologia filosofica teorica, come abbiamo già detto, ma una “fisio-psicologia” delle pulsioni, soprattutto della volontà di potenza, cioè una vera e propria psicologia del profondo.

Tutta quanta la psicologia è rimasta sino ad oggi sospesa a pregiudizi e apprensioni morali: essa non ha osato scendere nel profondo. Concepirla come teoria evolutiva della volontà di potenza, come io la concepisco: - questo non è stato da nessuno neppure sfiorato col pensiero . Una peculiare fisio-psicologia deve lottare contro le resistenze incoscienti poste nell’animo dell’indagatore, essa ha il “cuore” contro di sé.

In realtà, non c’è soltanto “una” volontà di potenza, ma una molteplicità di centri di potere, in lotta reciproca, all’interno dello stesso individuo: “L’uomo è una pluralità di forze che sono ordinate secondo una gerarchia, sicché ci sono elementi che comandano . Il concetto “individuum” è falso”. Anzi, quante più contraddizioni portiamo in noi, più ricchi siamo, e più possibilità creative abbiamo.

Una caratteristica del pensiero psicologico nietzschiano è la derivazione “dal basso” di tutte le realtà dell’anima. Anche ciò che sembra più spirituale ed elevato, sia la filosofia che la religione, è soltanto il sintomo di una determinata costituzione psicofisica della quale non si ha coscienza. Per questo Nietzsche spera in una nuova generazione di "medici filosofi", che sappia analizzare le trasformazioni e sublimazioni inconsce dei bisogni fisiologici e degli istinti in ideali e pensieri.

L’inconsapevole travestimento di necessità fisiologiche sotto il mantello dell’obiettivo, dell’ideale, del puro-spirituale va tanto lontano. Dietro i supremi giudizi di valore, da cui fino a oggi è stata guidata la storia del pensiero, sono nascosti fraintendimenti della condizione corporea, sia da parte d’individui sia di classi o di razze intere. E’ legittimo ravvisare in tutte quelle ardite stravaganze della metafisica, specialmente nelle sue risposte alla domanda sul valore dell’esistenza, in primo luogo e sempre i sintomi di determinati corpi tali affermazioni o negazioni costituiscono per lo storico e lo psicologo indici tanto più apprezzabili, in quanto sintomi, come si è detto, del corpo, del suo riuscire bene o male, della sua pienezza, potenzialità, dominio di sé nella storia, oppure invece delle sue inibizioni, stanchezze, scadimenti, del suo presentire la fine, del suo volere la fine. Sono ancora in attesa che un medico filosofo, nel senso eccezionale della parola – attento al problema della salute collettiva di un popolo, di un’epoca, di una razza, dell’umanità -, abbia in futuro il coraggio di portare al culmine il mio sospetto e di osare questa affermazione: in ogni filosofia non si è trattato fino a oggi, di “verità”, ma di qualcos’altro, come salute, avvenire, sviluppo, potenza, vita.

Con tutto questo, afferma Nietzsche, la nozione di “individuo” si mostra sbagliata. Non c'è soggetto, non c'è io. Se vogliamo possiamo parlare di "Es" , “esso”, a condizione di non intenderlo in modo sostanzialistico, ricadendo così nell'interpretazione cristiano-morale, che cerca un responsabile del divenire.

Per quanto riguarda la superstizione dei logici, non mi stancherò mai di tornare a sottolineare un piccolo, esiguo dato di fatto che un pensiero viene quando è “lui” a volerlo, e non quando “io” lo voglio; cosicché è una falsificazione dello stato dei fatti dire: il soggetto “io” è la condizione del predicato “penso”. Esso pensa: ma che questo “esso” sia proprio quel famoso vecchio “io” è, per dirlo in maniera blanda, soltanto una supposizione, un’affermazione, soprattutto non è affatto una “certezza immediata”.

Il Sé , in realtà, è fuori dalla coscienza, siamo governati dal di fuori. “Il corpo.e la sua grande ragione” governano l’io come uno strumento.

‘Io’ dici tu, e sei orgoglioso di questa parola. Ma la cosa ancora più grande, cui tu non voi credere, - il tuo corpo e la sua grande ragione. Essa non dice ‘io’, ma fa ‘io’.
Strumenti e giocattoli sono il senso e lo spirito: ma dietro di loro sta ancora il Sé. Il Sé cerca anche con gli occhi dei sensi, ascolta anche con gli orecchi dello spirito.
Sempre il Sé ascolta e cerca: esso compara, costringe, conquista, distrugge. Esso domina ed è il signore anche dell’io.
Dietro i tuoi pensieri e sentimenti, sta un possente sovrano, un saggio ignoto – che si chiama Sé. Abita nel tuo corpo, è il tuo corpo.


2) Il periodo postcristiano, la morte di Dio e l’eterno ritorno

A Nietzsche non importa, in fondo, se questo modo di rappresentare l’anima sia vero o non lo sia. Secondo lui, la verità non esiste. Non sarebbe che una menzogna che ha perso coscienza di essere menzogna. Quello che è importante, invece, è che la "finzione" sia “utile”. Il criterio di utilità è la non ostilità nei confronti della vita, cioè della volontà di potenza e delle lotte che la volontà di potenza genera. L’unica cosa che esiste, è questo mondo, il fluire costante, l’autocreazione e autodistruzione, e il conflitto delle interpretazioni antagoniche del mondo. Poichè il conflitto, la guerra, forma parte essenziale della realtà; anzi meglio, è la realtà stessa. Il motore del divenire corrisponde a questa dialettica fondamentale, come direbbe Hegel. E questa dialettica si sviluppa oggi ad un livello più complesso ed elevato. Perciò, questa teorizzazione dell'anima e dell’inconscio non ha la pretesa di verità, ma è uno strumento in mano del “cacciatore delle anime”, dello spirito della transvalorazione.

Il cristianesimo, con il suo presunto disprezzo della sessualità e della crudeltà, i due aspetti fondamentali, creativo e distruttivo, della volontà di potenza, è il nemico principale della vita, benché abbia reso la vita più interessante, sublimando il conflitto ad un livello spirituale. In effetti, secondo Nietzsche il cristianesimo, o la volontà di potenza attraverso il cristianesimo, ha prodotto una spiritualizzazione del conflitto, e questo è considerato da lui come qualcosa di positivo. Perché Nietzsche non vuole tornare al periodo premorale dell'umanità, ma arrivare a una tappa essenzialmente postmorale, che presuppone il cristianesimo come momento astratto. Per essere postmorali, si ha bisogno della morale, perciò, afferma Nietzsche, gli immoralisti non vogliono la totale distruzione della Chiesa, perché hanno bisogno di essa, come il peccato ha bisogno della legge. La Chiesa ha prodotto delle contraddizioni che hanno reso più interessante la vita e che hanno acuito la mala coscienza, sino a limiti insospettati.

Nella sua opera psicologica fondamentale, La genealogia della morale, che fu oggetto di discussione nelle sedute dell’Associazione Psicoanalitica nel 1908, Nietzsche psico-analizza il cristianesimo, e lo mina nella sua essenza. Lo scopo di Nietzsche è dimostrare che il cristianesimo, e l’occidente da esso formato, è nichilismo (passivo) e malattia del corpo e dell’anima. La genealogia spiega quest’idea, mettendo in luce le radici nascoste e inconsce delle concezioni fondamentali del cristianesimo, come la separazione tra buono e cattivo , la coscienza morale. Queste radici sarebbero, secondo Nietzsche, le pulsioni che il cristianesimo stesso condanna, soprattutto la crudeltà.

Nietzsche considera come origine della “coscienza di colpa” l’introiezione della crudeltà e del risentimento. Così nascerebbe il soggetto, nel senso cristiano-moderno del termine, e cioè dalla scissione, prodotta da una pressione culturale esterna, all’interno di un insieme di pulsioni in contraddizione. Questo sarà ripreso esplicitamente da Freud, nella sua teoria del Super-io, che ha due volti: l’ideale dell'io e la coscienza morale. Il responsabile di questo sarebbe il “sacerdote ascetico” , che avrebbe bisogno della malattia per poter redimere, e creerebbe quell' organismo di controllo interiore che sarebbe, appunto, la coscienza morale. La Chiesa è per Nietzsche una specie di manicomio, pieno di malati della mente, che sono il risultato del cristianesimo e della morale da esso derivata.


La terapia di Nietzsche, che ci porterebbe alla “grande salute”, è però per pochi eletti. Non tutti sono chiamati a scoprire queste verità inconsce ed essere i "filosofi del futuro". Si deve accettare l’innocenza del divenire, l’eterno ritorno dell’uguale, che in fondo è accettare una vita infernale, e fare “esperienza” del bene e del male. Questo suppone non solo prendere coscienza passivamente della “morte di Dio” ma realizzarla attivamente. Chi sopravvive a questo deserto gelido, si trasforma in legislatore, creatore di valori. Come ciò avvenga lo spiega lui stesso, nel IV libro della "Gaia Scienza", come la rivelazione di un demone.

Il peso più grande. Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle solitudini e ti dicesse: “Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni cosa indicibilmente piccola e grande della tua vita dovrà fare ritorno .

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