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PITAGORA
Matematica -Filosofia- Religione
Pitagora affermava che l' universo è governato dai numeri, ma i
numeri a cui si riferiva erano gli interi e le frazioni, cioè i
numeri razionali. Un numero irrazionale, cioè decimale illimitato
non periodico, non è rappresentabile in forma frazionaria.
Il più famoso numero irrazionale è P greco. A scuola, talvolta,
lo si approssima con 3.14, ma il suo vero valore è più vicino
a 3.14159
..,ma anche questa cifra è soltanto un' approssimazione.
Per Pitagora, la bellezza della matematica era l' idea che i numeri razionali
potessero spiegare tutti i fenomeni naturali. Questo orientamento filosofico
rese Pitagora cieco dinanzi all' esistenza dei numeri irrazionali e forse
determinò l' esecuzione di uno dei suoi allievi.
I NUMERI IRRAZIONALI
Pitagora, oltre ad essere noto per il suo famoso teorema, fece importanti
studi su i numeri irrazionali. I numeri irrazionali sono tutti quei numeri
non esprimibili come il quoziente di due numeri interi, e in forma decimare,
un numero irrazionale emette una serie infinita di cifre decimali, che
non si riduce mai alla ripetizione periodica di uno stesso gruppo di numeri
I numeri irrazionali inoltre, furono inventati per necessità di
ampliare l'insieme dei numeri, che emerse dallo studio della geometria:
infatti la lunghezza della diagonale di un quadrato di lato uguale a una
unità, così come il rapporto tra una circonferenza e il
suo raggio, non possono essere espressi da un numero razionale
I pitagorici avevano come base della loro filosofia i numeri, ad essi
risale il concetto di entità matematiche, numeri, figure geometriche
come astrazioni. Questa loro concezione tuttavia non era presente fin
dall'inizio, i primi pitagorici avevano concepito infatti una TEORIA
MONADICA, caratterizzata da numeri figurati, che da una parte conduceva
ad una spiegazione quantitativa dell'universo, dall'altra, applicata alla
geometria, dava luogo all'aritmogeometria pitagorica. Dai numeri figurati
i pitagorici sono arrivati a trovare la formula delle terne pitagoriche,
dall'aritmogeometria invece si giunse a postulare le proprietà
matematiche dei singoli numeri o classi numeriche.
Le varie scoperte e dimostrazioni fatte, tra cui soprattutto il Teorema
di Pitagora portarono però risultati imprevisti e soprattutto
indesiderati tra i discepoli e lo stesso Pitagora. Difatti si arrivò
a scoprire (due dimostrazioni, una geometrica e una algebrica sono fra
le più accreditate ) l'esistenza di numeri particolari, formati
da un numero non finito di cifre ( e non periodici, quindi non esprimibili
tramite frazioni) i cosiddetti numeri irrazionali. E questo per loro era
impossibile: infatti per i pitagorici numero significava solo numero intero
perciò essi erano infastiditi dalla scoperta che alcuni rapporti
(quello ad esempio di un'ipotenusa e un suo cateto o tra la diagonale
e il lato di un quadrato) non fossero esprimibili mediante numeri interi.
I pitagorici non li potevano accettare perché fino a quel momento
avevano identificato il numero con la geometria; l'esistenza dei rapporti
incommensurabili annullò questa identificazione, perciò
si restrinse la considerazione dei rapporti numerici a quelli commensurabili.
L'esistenza di grandezze incommensurabili e conseguentemente dei
numeri irrazionali contraddiceva non solo le convinzioni filosofiche
dei pitagorici, ma metteva anche in crisi il concetto di infinito della
filosofia greca.La teoria degli irrazionali veniva vista cm quasi come
un timore, una paura per i pitagorici. Questa rafforza il fatto che il
numero fosse la cosa più importante e per questo tutte le proprietà
geometriche venissero ridotte a proprietà aritmetiche. Dopo la
scoperta degli incommensurabili questa riduzione non era sempre possibile.
La geometria quindi venne ad acquisire una superiorità rispetto
all'aritmetica (che prevedeva all'epoca solo l'uso di numeri razionali).
Questa posizione primaria si riscontra in Euclide ed in genere in tutto
il periodo del più rigoglioso sviluppo della matematica greca.
L'altra dimostrazione pervenutaci è quella di cui ci parla Aristotele
e fa riferimento alla distinzione tra numeri pari e numeri dispari. Siano
d ed l la diagonale ed il lato di un quadrato e supponiamo che siano commensurabili,
ossia che il loro rapporto d/l sia un numero razionale m/n, con m ed n
numeri reali privi di fattori comuni.
Per il teorema di Pitagora si ha che d2 = l2+l2 ossia (d/l)2 = 2, ma
d/l = m/n, per cui (m/n)2= 2, cioè m2= 2n2. Pertanto m2 è
pari e quindi m è pari. Se poniamo m = 2p si ha che 4p2 = 2n2 da
cui otteniamo che anche n dovrebbe essere pari contro l'ipotesi che m
ed n non avessero fattori in comune. Ne segue che l'ipotesi della commensurabilità
tra diagonale e lato di un quadrato è falsa.
La stessa dimostrazione si può riportare per dimostrare l'irrazionalità
di v3, v5, ecc. e sembra che di essa se ne servì, più tardi,
un maestro di Platone, Teodoro di Cirene, per dimostrare l'assurdità
di supporre razionali tutte le quantità del suddetto tipo fino
a v17, ovviamente escludendo v4, v9, v16.
RELIGIONE
Per i Pitagorici due risultano essere le più importanti dottrine
formulate : La prima è quella della trasmigrazione delle anime,
di derivazione orfica: l'Orfismo trovò fertile terreno di sviluppo
nell'Italia Meridionale e senz'altro sostenne la dottrina della trasmigrazione
delle anima prima dei Pitagorici. Sembra quindi che Pitagorismo e Orfismo
siano la stessa cosa, ma non è così. L'Orfismo è
di carattere maggiormente religioso, il Pitagorismo è più
filosofico. Ma vi è poi un'altra grande differenza, che consiste
nei mezzi con cui si può raggiungere il fine (la purificazione):
per gli Orfici occorreva compiere riti e vivere in modo giusto, per i
Pitagorici bisognava sì vivere in modo giusto e compiere riti,
ma anche (e soprattutto) conoscere i numeri, che stanno alla base della
dottrina pitagorica. La seconda grande dottrina pitagorica è appunto
quella dei numeri, che è legata, come abbiamo visto, alla precedente.
I Pitagorici furono dunque i primi greci ad occuparsi in maniera sistematica
della matematica. Essi Ritenevano che i principi della matematica fossero
anche i principi dell'intera realtà. Notarono infatti che la matematica
aveva tutti i principi adatti per essere presa come principio dell'intera
realtà. Essa non è un'opinione e Aristotele stesso dirà
che gli oggetti di studio della matematica sono permanenti ed immutabili.
Se ad esempio prendiamo la musica, gli accordi non sono nient'altro che
rapporti matematici. Proprio partendo da questo esempio, che è
il più evidente, estesero le loro dottrine all'intera realtà,
così come aveva fatto Talete con il magnete. Così come Talete
aveva notato che tutte (o quasi) le cose sono caratterizzate dall'acqua,
i Pitagorici notarono che tutte le cose sono caratterizzate dalla misurabilità,
vale a dire che si possono misurare. Chiaramente questo segnò un
grandissimo passo avanti verso l'astrazione. Bisogna senz'altro riconoscere
un merito ai Pitagorici: per loro infatti la fisica è spiegabile
tramite la matematica. Il loro rapporto con la matematica non è
puramente metodologico, come è per noi, ma anche ontologico: non
si tratta per loro di studiare solo i numeri, ma anche la realtà,
servendosi dei numeri. Nonostante i Pitagorici abbiano avuto la grande
intuizione di applicare la matematica per indagare la realtà, non
se ne sono serviti poi molto. Il motivo di questo loro limite è
dovuto in gran parte alla mancanza di strumenti concettuali e materiali.
Non potendo fare della matematica un uso effettivo, essi finirono per
provare a cogliere delle somiglianze tra le caratteristiche dei numeri
e quelle della realtà. Per esempio, arrivarono a dire che il numero
due corrispondeva al genere femminile, il tre al maschile, il cinque al
matrimonio (3+2 = 5). Il quattro ed il nove corrispondevano invece alla
giustizia in quanto erano i primi numeri quadrati e suggeriscono l'idea
di ordine. Nel tempo stesso va detto che la speculazione numerica pitagorica
non può non essere stata influenzata dall' osservazione dei fenomeni
astronomici: dagli astri essi debbono aver tratto le loro prime idee dei
numeri aventi posizione, cioè fissati come punti nello spazio,
degli aggruppamenti numerici formanti figure geometriche definite e costanti
, della ricorrenza di alcuni numeri nei fenomeni celesti. In altre parole,
il numero viene elevato a principio universale di interpretazione, via
via che é esteso dall' ordine aritmetico a quello geometrico e,
finalmente, all' ordine fisico. Così, espressione spaziale dell'
uno é il punto; della linea, limitata da due punti, il due; della
superficie il tre; del solido il quattro. E' Aristotele che attribuisce
ai Pitagorici la dottrina secondo la quale i numeri costituiscono l'essenza
di tutte le cose. Per comprendere meglio il significato di essa, è
necessario tenere conto del modo in cui erano abitualmente compiute le
operazioni di calcolo.
Da notare che i Pitagorici non conoscevano lo zero ed è anche facile
capire il perchè: con le pietruzze è impossibile rappresentarlo.
Questo fatto contribuisce a conferire all'uno uno statuto particolare:
è un'entità indivisibile, rispetto alla quale nulla è
antecedente. Più che un numero come gli altri, l'uno è la
sorgente da cui nascono tutti gli altri numeri. Questi a loro volta si
suddividono in pari e dispari, che i Pitagorici identificavano con l'illimitato
ed il limite. L'uno veniva chiamato parimpari, in quanto aggiunto ad un
dispari genera un pari ed aggiunto ad un pari genera un dispari: ciò
significa che l'uno deve contenere in sè sia il pari sia il dispari.
Il dispari, a sua volta, diviso in due lascia sempre come resto un'unità
che permane come limite, mentre ciò non avviene nel caso del pari,
che è pertanto identificato con l'illimitato, l'infinito, che con
i Pitagorici diventa un concetto fortemente negativo e così sarà
per tantissimo tempo. Mediante il calcolo con i sassolini i Pitagorici
dimostrano visivamente alcune proprietà relative a queste classi
di numeri: per esempio che pari più pari dia pari, che dispari
più dispari dia pari e così via. Di grande simpatia godeva
anche il 10, che rappresentava tutti gli altri insieme: . Inoltre esso
era una sorta di compendio dell'intero universo ed è rappresentabile
sotto la forma chiamata tetraktuV (letteralmente significa "gruppo
di quattro")Infatti, la "tetrattide" (tetraktuV) compendiante
in sé l'universo (l'1 è il punto, il 2 la linea, il 3 la
superficie, il 4 il solido: 1+2+3+4=10). La tetrattide rappresenta quindi
la successione delle tre dimensioni che caratterizzano l'universo fisico.
Queste considerazioni mostrano come per i Pitagorici ciascun numero è
dotato di una propria individualità e pertanto non tutti i numeri
si equivalgono come importanza (sembra che l'aristocrazia dei Pitagorici
coinvolga addirittura i numeri). I numeri costituiscono una gerarchia
di valore e alcuni numeri assurgono a simboli di altre entità,
fisiche o concettuali: è il caso della giustizia, rappresentata
dal 4 e dal 9. E visivamente il quadrato è rappresentato come la
figura avente i lati uguali. Questa trama di corrispondenze simboliche
tra numeri e cose è chiamata dai moderni "mistica del numero".
E' la conoscenza di questo complesso universo di relazioni tra numeri
e cose che costituiva per i Pitagorici il vertice dell'apprendimento.
Tra i numeri esistono logoi, ossia rapporti e tra i rapporti è
possibile rintracciare una proporzione (in greco analogia), ossia uguaglianze
di rapporti . Soprattutto Archita sembra essersi dedicato allo studio
di esse. I rapporti e le proporzioni si manifestano soprattutto nell'ambito
musicale, dove è centrale la nozione di armonia. Poichè
anche i corpi celesti compiono con i loro movimenti percorsi regolari,
esprimibili numericamente, i Pitagorici giungono a sostenere l'esistenza
di un'armonia delle sfere celesti, non afferrabile dall' occhio umano.
Il cosmo (la parola greca kosmoV significa ordine) dei Pitagorici è
costituito infatti da un fuoco centrale, paragonato al focolare di una
casa, intorno al quale ruotano la terra, la luna, il sole, i cinque pianeti
allora conosciuti, ed il cosiddetto cielo delle stelle fisse. Forse per
contemplare la serie fino a raggiungere il 10, i Pitagorici aggiungono
anche l'antiterra, situata tra il fuoco centrale e la terra. L'aspetto
più interessante della cosmologia pitagorica è che - per
la prima volta nella storia - la terra non viene vista come centro dell'universo.
Ma numero e proporzione dominano non solo su questa scala cosmica, ma
anche all'interno del mondo umano. Essi sono all'occhio dei Pitagorici
lo strumento fondamentale per far cessare la discordia tra gli uomini
e instaurare l'armonia tra essi, nei loro rapporti economici e politici,
attribuendo a ciascuno secondo la proporzione geometrica ciò che
gli è dovuto in rapporto al suo valore e non a tutti lo stesso.
Risalta anche qui l'orientamento aristocratico dei Pitagorici, contro
i quali tuonerà Eraclito: per lui infatti il rapporto tra gli opposti
non deve essere di armonia, ma di lotta, di tensione. Per i Pitagorici
invece per avere armonia ci deve essere annullamento tra gli opposti.
Tra i Pitagorici va senz'altro ricordato Filolao, che compose uno scritto
in dialetto dorico (che secondo la tradizione sarebbe stato comprato da
Platone stesso). Della sua opera ci sono rimasti alcuni frammenti dove
è annunciata in maniera assertoria la tesi che il cosmo è
composto di elementi illimitati e limitanti. Ritornando alle dottrine
pitagoriche, come i movimenti celesti sono eterni, perchè in essi,
per la loro circolarità, il principio e la fine si ricongiungono,
così anche l'anima, a differenza del corpo, ha una serie di ritorni
periodici. Del ritorno periodico di tutte le cose, diceva il pitagorico
Eudemo che, data l'identità del moto e la costanza delle successioni,
tutti gli eventi si riprodurranno in un tempo prefisso: "così
anch' io tornerò a parlare, tenendo questo bastoncino in mano,
a voi seduti come ora; e tutto il resto si comporterà ugualmente".
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