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PLATONE
Fortemente influenzato dal suo maestro, Platone continua l'indagine socratica
della verità attraverso una critica serrata delle opinioni. A differenza
di Socrate, però, Platone cerca una conoscenza universale e necessaria.
Questa ricerca lo spinge a riscoprire il pensiero di Parmenide, che per
primo aveva delineato una scienza dell'essere assolutamente certa.
In quel periodo, la concezione parmenidea era stata fortemente mediata
dai pluralisti perché secondo loro penalizzava la conoscenza dei
fenomeni. Platone invece respinge questa mediazione e afferma l'esistenza
di due ordini di realtà e di conoscenza. Da una parte egli pone
la realtà e la conoscenza del mondo sensibile, fatta di cose, dall'altra
la realtà e la conoscenza di una dimensione situata oltre questo
mondo, costituita da idee di natura puramente intelligibile. Perché
la nostra conoscenza delle idee sia valida occorre che le idee siano realtà
universali e permanenti e non solo criteri regolativi interni all'intelletto.
Per Platone le idee sono valori verso i quali la realtà deve tendere
finalisticamente. L'universo delle idee è infatti gerarchicamente
ordinato dall'idea del bene.
Questa concezione del sapere è nettamente opposta all'arte della
persuasione e della retorica promossa dai sofisti. Molti dialoghi platonici
sono infatti dedicati a smantellare alcuni precetti dei sofisti. Nel Gorgia
Platone definisce la retorica come pratica della persuasione mediante
discorsi fondati dalla credenza invece che dalla conoscenza. Nel Menone
invece, Platone dimostra che l'uomo ha in sé delle idee fin dalla
nascita: conoscere vuol dire ritrovare queste idee. Anche l'eristica,
arte della controversia finalizzata all'obiettivo di far prevalere la
propria tesi giusta o sbagliata che sia, diventa un suo bersaglio critico.
Platone dedica all'eristica l'Eutidemo, dialogo in cui si oppone nettamente
al principio che afferma l'impossibilità di cercare nell'uomo ciò
che si sa o che non si sa.
Il suo rifiuto della concezione gnoseologica dei sofisti lo spinge a formulare
la teoria della reminiscenza in cui sono presenti numerosi riferimenti
all'orfismo. Secondo la religione orfica l'anima è immortale e
rinasce più volte, conosce già sia il nostro mondo che il
mondo degli inferi. Per Platone la rinascita continua dell'anima dimostra
che imparare non è altro che ricordare. Inoltre, la ricerca della
verità è una condizione intermedia fra il pieno possesso
di essa e la sua completa assenza.
Platone condanna anche la teoria di Protagora secondo cui le cose hanno
un nome per convenzione. Nel Cratilo, dialogo rivolto al linguaggio, Platone
sostiene che fra le cose e i nomi c'è una corrispondenza di natura.
Le cose hanno una loro natura che non può essere manipolata da
noi. Mettere nomi spetta solo a colui che sa, perché costruirà
i vari nomi tenendo presente la natura delle cose attraverso l'osservazione
delle idee di ogni cosa.
La dottrina platonica delle idee si sviluppa anche attraverso alcuni dialoghi
dedicati all'amore e a alla bellezza. Le idee sono il fine dell'anima
e l'anima è immortale proprio per il suo legame con le idee. L'amore
e la vita sono aspirazione al mondo soprasensibile e all'immortalità.
L'amore descrive la condizione generale dell'uomo che tende a conseguire
il bene e la felicità di cui manca. Nel Simposio l'amore è
desiderio di bellezza e di bene, e quindi avvertimento della loro mancanza.
L'amore si presenta come qualcosa di natura intermedia, un demone, figlio
di Ingegno (abbondanza) e di Privazione (povertà).
Se la vita umana si muove tra un mondo sensibile e un mondo intelligibile,
l'amore spiega il passaggio e la tensione dall'uno all'altro. L'amore
è desiderio di possedere il bello e il bene. È intuizione
dell'esistenza del bello e del buono da parte di chi non li ha ma li desidera.
Attraverso questo desiderio l'uomo oltrepassa i propri limiti, ascende
gradualmente la scala delle cose belle e arriva a contemplare il bello
in sé. L'ascesa amorosa ha come fine l'idea di bellezza. Il passaggio
dall'ignoranza alla scienza è delineato come l'evolversi del sentimento
d'amore per la bellezza sensibile di un corpo verso la comprensione che
la bellezza, presente in tutte le forme visibili, è unica e identica.
L'amore per la bellezza di un corpo non è che un passaggio per
cogliere la bellezza nelle anime e per amare la bellezza nelle scienze.
Nel Fedro l'anima, principio di vita e di movimento, indipendente dal
corpo e immortale, è descritta come un carro guidato da due cavalli
alati. Quando prevale il cavallo bianco, che guida gli impulsi buoni e
razionali, l'anima vola nel mondo delle idee. Quando prevale il cavallo
nero, che guida le passioni sensibili e carnali, l'anima cade sulla terra
ed è costretta a reincarnarsi in altri corpi.
Secondo Platone l'anima conserva i ricordi del mondo divino anche dopo
la caduta nel corporeo e nel sensibile. La visione delle cose belle nel
mondo sensibile risveglia i ricordi delle essenze contemplate nel mondo
intelligibile e accende l'anima di un delirio divino, la forma più
alta d'amore.
Platone continua l'elaborazione della concezione di anima nel Fedone,
commovente racconto delle ultime ore di Socrate. In questo dialogo il
filosofo è descritto come colui che già in vita è
sottoposto ad una sorta di morte. La realtà sensibile è
avvertita come una prigione. Il corpo è impedimento dell'anima
alla scienza. Al filosofo non resta quindi che morire per liberare l'anima
e la scienza dai vincoli corporei. Il vero filosofo desidera morire per
liberarsi dal carcere del corpo e per tornare nel puro mondo delle idee,
altrimenti raggiungibile solo con la ricerca rigorosa e disinteressata
della verità e l'esercizio della virtù.
Nella Repubblica Platone delinea una nuova concezione dello stato per
realizzare l'ideale della conoscenza universale e necessaria. Secondo
Platone lo stato si forma per soddisfare i propri bisogni con l'aiuto
degli altri, ma l'eccessiva brama di potere e il desiderio di espansione
territoriale provocano lotte continue e guerre. Occorre quindi creare
un esercito di soldati di professione per difendersi, i custodi dello
stato, la cui vita dovrà fondarsi sulla totale condivisione. È
per questo motivo che Platone ritiene indispensabile l'abrogazione di
ogni possesso individuale, abolizione che deve essere estesa anche alla
famiglia. Inoltre, lo stato non solo si occuperà dell'educazione
dei figli, ma controllerà anche le unioni sentimentali, e le donne
dovranno essere educate per poter collaborare con gli uomini in tutti
gli uffici pubblici, compresa la guerra. Solo la classe dei lavoratori
è esentata dalla rinuncia alla famiglia e dall'obbligo della formazione.
Se per Socrate era importante occuparsi soprattutto dell'anima, Platone
ritiene indispensabile non trascurare lo stato. Il superamento dell'orientamento
socratico è evidente proprio nella corrispondenza che Platone realizza
distinguendo le tre classi sociali che formano lo stato sulla base di
una teoria dell'anima composta da tre parti. La parte concupiscibile,
l'istinto, equivale alla classe dei lavoratori, uomini di bronzo. La parte
animosa, la forza emotiva, corrisponde invece ai custodi, uomini d'argento,
mentre la parte razionale, la ragione, spetta ai governanti, uomini d'oro.
Lo stato deve essere governato da persone che racchiudono in sé
filosofia e potenza politica. Dominio politico e vera conoscenza, ispirata
dall'amore dell'idea, devono incontrarsi, e ciò accade solo con
un governo aristocratico, tutte le altre forme (timocrazia, oligarchia,
democrazia, tirannia) non sono che la degenerazione di questo modello
perfetto.
Le idee garantiscono non solo la possibilità di una conoscenza
vera e universale ma anche l'unità essenziale e permanente del
molteplice e del divenire. Attraverso il mito della caverna Platone mostra
le tappe della conoscenza umana. Secondo questo mito, gli uomini sono
imprigionati dentro una caverna, con le spalle rivolte verso la luce.
Gli oggetti reali si trovano fuori dalla caverna, ma gli uomini non si
possono voltare per guardarli direttamente. Possono solo osservare le
ombre che gli oggetti proiettano contro le pareti della caverna.
Per Platone gli esseri umani sono quindi condannati a poter cogliere attraverso
la sensazione solo le ombre delle idee. Solo pochi riescono a uscire dalla
caverna e ad accorgersi della bellezza del reale. Spetta ai filosofi guidare
gli esseri umani verso la conoscenza delle idee, mediante lo studio della
matematica e l'esercizio della dialettica che insegnano la contemplazione
del bello e del vero.
La dialettica studia le forme dell'essere per stabilire fra di esse il
rapporto di identità e di diversità. Chiarendo quali forme
della realtà si collegano e quali si escludono, la dialettica è
in grado di determinare la struttura del reale, mostrando tutte le sue
determinazioni e articolazioni. Il procedimento della diaresi-divisione
permette di determinare un genere (nome che Platone preferisce ora a quello
di idea), indicando le relazioni di esclusione e inclusione in cui si
trova con gli altri generi. Si parte tagliando in due ogni genere (muovendo
da generi diversi) fino a raggiungere il genere da determinare, in modo
tale che questo possa essere colto in un numero sempre maggiore di relazioni.
Nel Filebo Platone ripete che i generi non devono essere intesi come unità
rigide ma in rapporto di partecipazione gli uni con gli altri. La ricerca
dei generi si muove sia nell'ambito dell'unità che nell'ambito
della molteplicità. I due generi massimi sono il finito e l'infinito.
Sempre nei dialoghi della vecchiaia troviamo il problema dell'origine
dell'universo e della formazione del mondo. Platone rifiuta la concezione
meccanicistica del mondo formulata da Democrito e delinea un discorso
sulla genesi e l'organizzazione del cosmo, correggendo il carattere qualitativo
della vecchia fisica con schemi e proporzioni matematiche che gli conferiscono
una precisa struttura qualitativa (di cui si serve per dimostrare il fine
razionale dell'universo).
L'universo è concepito come una cosa generata da un demiurgo, un
artefice divino, che opera imitando i modelli del mondo delle idee e le
proporzioni matematiche, ma non si tratta di un vero creatore perché
le cose gli preesistono.
L'intero universo (così come la citta-stato) è considerato
un organismo fornito di un'anima intelligente e di un corpo, come un grandioso
essere vivente e animato. L'anima del mondo è principio generale
di vita, mediazione fra il piano sensibile e il piano razionale-ideale
della realtà, realizzazione della compresenza di essere e divenire
che caratterizza i fenomeni.
Il finalismo del mondo è dimostrato dal suo rispondere al criterio
del meglio, di cui si fa realizzatore il demiurgo, mentre l'imperfezione
del mondo è causata dalla chora, materia sensibile sottoposta al
mutamento e alla corruzione. Il termine chora è usato per definire
ciò in cui le cose si generano, ma indica anche qualcosa di negativo,
simile al non essere.
Nei dialoghi della vecchiaia è presente anche a una rielaborazione
delle affermazioni sullo stato e sulla politica. Mentre nella Repubblica
Platone analizzava lo stato come un modello ideale, fermo al di sopra
dell'esperienza umana, nel Politico lo stato si configura come una mescolanza
di cui bisogna trovare la giusta misura. L'arte della politica è
l'arte della misura, la ricerca del giusto mezzo di equilibrio fra eccesso
e difetto, ed è per questo che non bisogna dare troppa importanza
a un corpo di leggi scritte. La legge è paragonata ad un uomo autoritario
e ignorante. Eppure, nell'ultimo dialogo, rimasto incompiuto, Platone
affida proprio alle leggi il governo dello stato, rinunciando sia alla
classe dei governanti che a quella dei custodi e rivalutando la famiglia,
in quanto condizione abituale degli individui. Cambia anche il modello
politico, non più aristocratico, bensì combinazione di elementi
monarchici e principi democratici.
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