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Argomenti per il terzo anno:

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SOCRATE E PLATONE

Le figure dei due filosofi , così come ci sono stati tramandati, hanno tratti talmente discordanti da apparire a prima vista ben difficilmente accostabili. Socrate è un cittadino vissuto in povertà e dignità, come certamente tanti nell'Atene del tempo, ma non è inquadrabile in nessuno degli schemi dell'epoca a noi noti: non è un sofista, non è uno scienziato o l'uomo di una setta o di una corporazione. Ci viene presentato come un uomo libero che vive nella sua città rispettandone le convenzioni sociali, gli stili di vita, gli obblighi militari e così via, e fa quello che altri uomini come lui fanno. Ma allo stesso tempo è diverso da tutti gli altri. Ma, soprattutto, ci viene descritto come uomo che interroga. Che, implacabilmente, pone domande. Senza rapporti di denaro, senza tradizioni religiose alle spalle, senza nulla di nulla. L'immagine è quella di un intellettuale non inquadrabile in schemi, libero da obblighi di qualsiasi tipo, che non siano quelli della sua posizione di cittadino nella polis che Atene era al suo tempo (obblighi peraltro onerosissimi, perché la democrazia più o meno diretta ha i suoi costi) e, soprattutto, quelli derivanti dal rigore, che ha davvero dell'implacabile, della ricerca filosofica.Non ha mai scritto nulla, in un'epoca che affidava ormai alla scrittura da tempo la ricerca. Leggeva, però, perché ci viene tramandato come uomo che conosce i libri.

Platone è nobile, ricco, e ha scritto per tutta la vita. Ha anzi scritto con estrema attenzione alla scrittura - oggi si insiste molto sulle sue dottrine non scritte come chiave per intendere il suo pensiero, ma questo nulla toglie all'estrema cura che Platone ha posto nella sua lunghissima attività di scrittore. E' il fondatore di una istituzione importante e duratura, anzi sotto certi aspetti è l'uomo che ha creato il modello di vita filosofica per coloro che per secoli si sarebbero dedicati professionalmente alla filosofia, avendo strutturato la sua istituzione filosofica come una scuola regolare, governata da precisi stili di vita e di ricerca . Solo un tratto in Platone - la libertà della ricerca - è legato alla libertà individuale dell'uomo dalle domande implacabili che da giovane egli ha eletto a suo maestro.

E' certamente un errore legare troppo Socrate a Platone. Ma Platone non si comprende davvero senza Socrate, anzi - ed è un circolo dal quale è per noi impossibile uscire - dal Socrate che egli stesso ci fa conoscere. Scarse o molto meno importanti le altre testimonianze.

Che Socrate abbia avuto allievi o meno , è comunque stato eletto da molti, non dal solo Platone, come maestro. E tratti della sua personalità e del suo rigore devono essersi proiettati, come elementi isolati, in molti di loro, se scuole tra loro diversissime si sono potute richiamare al suo nome: stando almeno a quel che sappiamo dal poco che ci è rimasto delle scuole socratiche diverse da quella platonica, molte delle quali scuole non possono dirsi, se il termine richiama una istituzione , avendo rinunciato ad ogni forma di istituzionalizzazione.

Socrate quindi, imprendibile nella sua piena libertà di ricerca, incarna un preciso e per conseguenza ben prendibile modello: la figura del filosofo è in lui chiara. Filosofo è colui che, senza rinunciare al mondo, ai suoi doveri e ai suoi piaceri - sa bere senza ubriacarsi, il filosofo, sa amare senza divenire schiavo -, ha imparato l'arte di vivere in piena libertà di spirito, fedele alla ricerca della verità, seguendo uno stile di vita che non gli viene imposto dall'esterno, ma che egli liberamente sceglie coniugando la fedeltà alla ricerca e la fedeltà al mondo.

Ma il Socrate storico è una figura che in sé mostra le contraddizioni della vita e la difficoltà di coniugare queste due fedeltà, alla ricerca della verità e al mondo: Socrate è figura storica emblematica per la controversa e pericolosa identità del filosofo. Ci viene tramandato che egli fosse l'unico sereno quella sera, quando, circondato da amici - il filosofo d'ora in poi in Grecia lo troveremo sempre più spesso tra amici -, volle volare agli dèi, e non poté, prima di prendere la cicuta . La libertà della sua figura, tratto inseparabile dalla sua identità di filosofo (che coniuga fedeltà alla città, e dunque al mondo, e fedeltà alla ricerca), è esaltata dalla sua piena serenità di fronte alla morte.

La filosofia di Socrate non può quindi essere scritta, essendo una pratica. E tuttavia può essere descritta, e noi ne possediamo la descrizione che Platone ci ha tramandato.

Ben noti i caratteri della dialettica socratica e la prassi che la definisce. Ecco un elenco, per ragioni di sintesi:

la coscienza è il luogo privilegiato della ricerca della verità (altri si occupino della filosofia della natura: solo, la dialettica non potrà essere il metodo della loro ricerca; dunque la dialettica non è l'unico metodo della filosofia, come la coscienza non è l'unico luogo della ricerca possibile: Socrate stesso da giovane si è occupato d'altro, sia pur facendo senza dubbio egualmente ricerca filosofica);
per la ricerca nel mondo della coscienza c'è bisogno di punti di riflessione esterni (punti attivi, non meri specchi della coscienza stessa), dunque altre coscienze;
non c'è ragione di fidarsi della altre coscienze più che della propria (la verità è solo del dio), dunque la ricerca prosegue per progressivi confronti dai quali scaturiscono le contraddizioni (la ricerca ha infatti come scopo non il possesso della verità, perché la verità è solo del dio, ma la liberazione dalle illusioni e la demarcazione il più rigorosa possibile tra ciò che so e ciò che non so);
l'interrogare, l'ironia, il confronto delle tesi, il contrapporre e il paragonare: tutti strumenti della ricerca;
per la ricerca servono coscienze vive, che sappiano porre a confronto nel gioco dialettico gli elementi dinamici di cui il potenziale del pensiero è ricco (l'arte dialettica, la sua prassi, è maieutica).
Certo, questa dialettica non nasce da nulla. E' preceduta dalla logica delle argomentazioni per assurdo di Zenone, e soprattutto dalla prassi di ricerca dei sofisti, da cui si distingue in un punto essenziale: il suo obiettivo. Dunque c'è bisogno di mettere in chiaro un ultimo elemento, implicito in quanto precede:

- la dialettica socratica ha come obiettivo la trasparenza e la libertà della coscienza. Riposa su una evidenza: che la coscienza possa legittimamente essere il luogo privilegiato della ricerca della verità. Poiché questa evidenza non è l'esito del percorso dialettico, ma una sua condizione, il metodo è coerente con una precisa definizione di filosofia : che la filosofia sia ricerca della verità nel luogo privilegiato della coscienza e sia effettivamente possibile la fedeltà alla ricerca e la fedeltà alla città, che rende possibile il confronto dialettico.

La morte di Socrate rende quindi difficile pensare che a questo metodo la filosofia possa fermarsi. E la conclusione del Fedone apre ad un'altra visione della ricerca filosofica.

E tuttavia Socrate ci viene presentato da Platone in diverse occasioni come uomo chiuso in sé in profonda meditazione (per esempio nelle scene iniziali del Simposio). La dialettica - pratica collettiva, non individuale della ricerca filosofica.

E' necessario tenere presente che, dal punto di vista filosofico, i dialoghi platonici sono innanzitutto una forma di comunicazione. Infatti, mentre della dialettica socratica - come poi di quella platonica e di quella aristotelica - è possibile dire che si tratta di un metodo della ricerca filosofica, della forma scritta che la dialettica assume non si può sostenere lo stesso. Anche se, certo, un elemento della ricerca permane anche nella scrittura: la dialettica non può operare senza il mezzo della comunicazione e non possiamo pensare che la scrittura dei dialoghi - che deve avere impegnato Platone per anni e anni, e con continuità, qualunque sia stato il metodo seguito nella composizione - sia soltanto la registrazione di una ricerca svolta, in comunità o individualmente.

Platone trasformò la dialettica socratica in vera e propria dimostrazione della verità di una tesi attraverso la confutazione di quella ad essa opposta come contraddittoria, supponendo alla base di tale procedimento il principio del terzo escluso. Nella Repubblica, infatti, egli afferma che si può pervenire a definire l'idea del bene, cioè il principio anipotetico, la fonte di ogni verità, solo «passando attraverso tutte le confutazioni», come in una battaglia, cioè confutando tutte le ipotesi ad esso alternative, e che questa è precisamente l'opera della dialettica, cioè della filosofia, che è la scienza (epistème). In tal modo, per Platone, la dialettica si identifica totalmente con la filosofia ed è l'unica vera scienza; le matematiche, infatti non sono scienze, ma solo discorsi ipotetici La dialettica è per Platone la tecnica propria della filosofia.

Platone ha sempre considerata la dialettica come la tecnica propria della filosofia. Ma la dialettica non è un metodo deduttivo o induttivo nel senso che Aristotele darà a questi termini e non si modella sul procedimento delle altre scienze, neppure su quello della matematica. Queste scienze infatti si fondano su ipotesi che esse non osano toccare e di cui perciò non sono in grado di saggiare la validità: compito della filosofia è quello di mettere in discussione queste stesse ipotesi, attraverso le conseguenze alle quali esse portano e così determinare i limiti e le condizioni della loro validità . La filosofia può quindi mantenere un'ipotesi solo finché non ne trova una migliore perciò è dialettica. La dialettica ha sostanzialmente due momenti:

1) Il primo consiste nel ricondurre ad un'unica idea una molteplicità di oggetti e nell'assumere la definizione dell'idea come una ipotesi di partenza . Questo procedimento può tuttavia avere esiti diversi e Platone numera tre alternative: a) che un'unica idea ne pervada e abbracci molte altre che tuttavia rimangono separate da essa ed esterne l'una all'altra; b) che un'unica idea riduca ad unità molte altre idee nella loro totalità; c) che molte idee rimangano fra loro interamente separate. Ci sono quindi due casi estremi: l'unità di molte idee e l'eterogeneità di molte idee; ed un caso intermedio che è quello di un'idea che ne abbracci altre senza ridurle ad unità. Quale di questi tre casi si verifichi in una indagine particolare, è cosa che solo l'indagine stessa può decidere. 2) Il momento della divisione che consiste «nel poter di nuovo dividere l'idea nelle sue specie seguendo le sue articolazioni naturali ed evitando di spezzarne le parti come farebbe uno scalco maldestro» . In questa seconda fase, la dialettica deve «dividere secondo generi e non assumere per diversa la stessa forma o per identica una forma diversa» . In alcuni dialoghi (Fedro, Fedone, Sofista, Politico) Platone mette in opera il procedimento dialettico assumendo come ipotesi una certa definizione dall'oggetto di cui si tratta (per esempio dell'amore o dell'essere, o del sofista o del politico) poi mostrando le conseguenze che derivano da questa definizione per la determinazione precisa dell'oggetto e infine raccogliendo o ricapitolando le determinazioni così ottenute. Il procedimento può essere fermato quando giunge a una conseguenza inaccettabile e ripreso ricorrendo ad un'altra definizione.
La dialettica pertanto richiede ad ogni passo la scelta delle definizioni di partenza e la messa a prova di queste definizioni mediante divisioni successive o le conseguenze che ne derivano. Questo carattere selettivo distingue radicalmente la dialettica dal procedimento deduttivo (cioè necessariamente dimostrativo) che Aristotele riterrà proprio di qualsiasi scienza in quanto tale. Corrispondentemente, il mondo in cui si muove la dialettica non ha un'unità monolitica: è un mondo di forme, cioè di generi o specie dell'essere, che possono connettersi o no ed essere più o meno strettamente connessi: è un mondo di strutture o di relazioni possibili, di cui sta alla filosofia determinare le forme, i gradi e le condizioni generali di possibilità. La dialettica è, secondo Platone, la scienza più alta, perché si situa al di là e al di sopra di quelle stesse scienze particolari (aritmetica, geometria, astronomia, musica) che costituiscono l'universo del conoscere. Ma è al di là di queste scienze, perché mette in discussione ciò che queste scienze ritengono saldamente garantito: la verità delle ipotesi di partenza. La dialettica è la scienza più alta perché è la più critica, perché non presuppone certezze immediate, perché, mentre cerca sempre le ragioni ulteriori delle cose, è sempre disposta a trovarne altre: in una parola perché, come Platone dice, guarda all'essere con occhi aperti invece di contemplarlo nel sogno di presupposti inviolabili.

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