L'opera più famosa di Moro è L'Utopia , in cui descrive un'immaginaria isola-regno abitata da una società ideale, nella quale alcuni studiosi moderni hanno ravvisato un opposto idealizzato dell'Europa sua contemporanea, mentre altri vi riscontrano una satira sferzante della stessa. Moro derivò il termine dal greco antico con un gioco di parole fra ou-topos (cioè non-luogo) ed eu-topos (luogo felice); utopia è quindi, letteralmente un "luogo felice inesistente". L'Utopia si divide in due libri: città reale e città perfetta. Città reale Ci sono due possibilità per risolvere questo problema: tornare alla situazione economica del medioevo (una posizione reazionaria che Moro non condivide) sviluppare un'industria manifatturiera per la produzione di lana in modo da creare un'economia mercantile che possa favorire il benessere sociale nella nazione. Moro sembra escludere queste ipotesi. Ritenendo che il male dei mali sia la proprietà privata, ne propone l'abolizione, in maniera da ripartire i beni materiali in maniera eguale. Si tratta di un sistema di tipo comunistico È possibile fare paragoni con Platone; tuttavia nell'Utopia lo stato perfetto non esiste, ma si può conoscerlo in maniera analitica, mentre nella Repubblica invece la città ideale esiste solo nell'Iperuranio Città perfetta Per quanto riguarda la religione, nell'isola di Utopia deve essere prevista la più larga tolleranza religiosa, fermo restando però l'obbligo di credere nella Provvidenza di Dio e nell'immortalità dell'anima. Chi infrange le regole viene scacciato da Utopia. Tutti hanno diritto a una vita pacifica, il cui fine è il benessere. |